Un utero con forma anormale può influire sui risultati della PMA?

Esistono caratteristiche morfologiche dell’utero femminile, variazioni cioè nella forma e nella funzionalità di questo organo, che influenzano l’impianto di blastocisti euploidi?

A questa domanda hanno dato risposta i ricercatori del gruppo Genera con uno studio presentato al congresso ESHRE 2023.

“Le linee guida internazionali ESHRE/ESGE 2013 – spiega Alberto Vaiarelli, autore dello studio e responsabile medico-scientifico del centro Genera Roma – ci dicono quali sono le principali malformazioni uterine (utero dismorfico o a forma di T, utero infantilis, cioè di piccole dimensioni, e altre anomali minori) ma i criteri con cui diagnosticare queste malformazioni sono ancora oggetto di un dibattito. Tuttavia, alcuni studi riportano un’associazione tra utero dismorfico e una ridotta fertilità. Finora, in letteratura non era stata pubblicata alcuna prova basata su una popolazione selezionata di donne che hanno ricevuto il transfer di blastocisti euploidi. Per questo abbiamo coinvolto nel nostro studio 122 coppie sottoposte a ICSI dopo PGT-A, per valutare se e come le caratteristiche morfologiche uterine si associno al tasso di gravidanza clinica. Ad oggi, 47 pazienti sono stati sottoposti a singolo trasferimento di blastocisti euploidi”.

“Abbiamo valutato la morfologia uterina e sono emersi alcuni indicatori associati a un tasso di gravidanza clinica inferiore. Il punto di forza di questo studio è la definizione dell’impatto di un utero dismorfico nei cicli di fecondazione in vitro con PGT-A. Se confermati con dati multicentrici più grandi, ciò potrebbe essere utile per selezionare pazienti che possano trarre beneficio dalla metroplastica isteroscopica”, una tecnica in grado di risolvere l’anomalia morfologica dell’utero, conclude Vaiarelli.

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