Menopausa: riconoscere i sintomi e gestire il cambiamento

La menopausa è una fase naturale nella vita di ogni donna e segna la fine della fertilità.
Viene diagnosticata retrospettivamente, ossia dopo 12 mesi consecutivi senza ciclo mestruale, e si verifica generalmente tra i 45 e i 55 anni, con un’età media di circa 51 anni. Tuttavia, alcuni fattori come genetica, stile di vita e condizioni mediche possono influenzarne l’età di insorgenza:

  • Menopausa precoce: quando si manifesta prima dei 45 anni, spesso a causa di disfunzioni ovariche o trattamenti medici.
  • Menopausa tardiva: quando avviene dopo i 55 anni.

Le fasi della menopausa
La menopausa non si verifica improvvisamente, ma si sviluppa attraverso tre fasi che comportano cambiamenti graduali nel corpo femminile.

Premenopausa

La premenopausa è la fase iniziale del percorso verso la menopausa e può durare tra i 5 e i 10 anni prima della cessazione definitiva del ciclo mestruale. Durante questo periodo, si verificano i primi squilibri ormonali, con sintomi come:

  • Variazioni nel ciclo mestruale (irregolarità, cicli più abbondanti o più scarsi)
  • Vampate di calore occasionali
  • Secchezza vaginale iniziale

Perimenopausa

La perimenopausa rappresenta il periodo più critico della transizione menopausale, poiché i livelli di estrogeni e progesterone calano in modo più evidente. Si estende fino a 12 mesi dopo l’ultima mestruazione e porta con sé sintomi più accentuati, tra cui:

  • Vampate di calore e sudorazione notturna
  • Disturbi del sonno e insonnia
  • Secchezza vaginale e fastidi durante i rapporti
  • Calo del desiderio sessuale
  • Ansia, irritabilità e sbalzi d’umore

Postmenopausa

La postmenopausa inizia dopo un anno dall’ultima mestruazione. In questa fase, i sintomi tipici della menopausa tendono ad attenuarsi, ma il calo degli estrogeni aumenta il rischio di alcune condizioni di salute, come:

  • Osteoporosi: le ossa diventano più fragili e aumenta il rischio di fratture.
  • Malattie cardiovascolari: il colesterolo LDL (“colesterolo cattivo”) può aumentare, aumentando il rischio di ipertensione e patologie cardiache.
  • Invecchiamento cutaneo e diradamento dei capelli: la pelle diventa meno elastica e i capelli più sottili.

Come gestire la menopausa

La menopausa non è una malattia, ma un cambiamento fisiologico che può essere affrontato adottando uno stile di vita sano e, se necessario, con il supporto medico.

  • Alimentazione equilibrata: una dieta ricca di calcio, vitamina D e omega-3 aiuta a preservare la salute delle ossa e del cuore.
  • Attività fisica regolare: l’esercizio fisico aiuta a mantenere il metabolismo attivo e a contrastare l’aumento di peso tipico della menopausa.
  • Supporto medico: in alcuni casi, il ginecologo può suggerire la terapia ormonale sostitutiva (TOS) per ridurre i sintomi più intensi della menopausa. Questa terapia prevede l’assunzione di estrogeni e/o progesterone per alleviare vampate di calore e sudorazione notturna, prevenire osteoporosi e perdita di massa ossea e migliorare l’umore e la qualità del sonno.

 

La TOS va sempre personalizzata, poiché può avere controindicazioni in alcune donne. È consigliato iniziarla entro i primi 10 anni dalla menopausa e in ogni caso non oltre i 60 anni.
La menopausa, soprattutto quando si manifesta in età precoce, può avere un impatto significativo sulla fertilità e sul benessere generale della donna. In questi casi, rivolgersi a uno specialista in Medicina della Riproduzione può fare la differenza. I professionisti del settore non solo aiutano a gestire i sintomi e le implicazioni ormonali della menopausa precoce, ma offrono anche soluzioni avanzate per chi desidera ancora realizzare il sogno di una gravidanza.

Grazie a tecniche come l’ovodonazione, è possibile aumentare le possibilità di concepimento anche quando la riserva ovarica è compromessa. Un percorso personalizzato, guidato da esperti, permette di valutare tutte le opzioni disponibili e trovare la soluzione più adatta alle proprie esigenze.

Azoospermia: cause, diagnosi e possibili soluzioni per la fertilità maschile

L’azoospermia è una condizione caratterizzata dalla totale assenza di spermatozoi nel liquido seminale. Questa condizione può essere causata da problematiche congenite o acquisite, e rappresenta una delle principali cause di infertilità maschile.

Cos’è l’azoospermia?

L’azoospermia è la condizione medica che si manifesta quando, in seguito all’analisi del liquido seminale, non vengono rilevati spermatozoi. Secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aggiornate al 2021, la concentrazione degli spermatozoi in un uomo sano dovrebbero essere di almeno 16 milioni per millilitro o un totale di 39 milioni per eiaculato.

La SIA, Società Italiana di Andrologia, stima che l’azoospermia sia responsabile di circa il 10-15% dei casi di infertilità maschile. Nei soggetti azoospermici , la totale assenza di spermatozoi nell’eiaculato rende impossibile il concepimento naturale.

Cause dell’azoospermia

L’azoospermia può essere divisa in due categorie principali, a seconda della causa e del tipo di problema che la provoca.

Azoospermia ostruttiva
In questo caso, i testicoli producono una buona quantità di spermatozoi, ma un blocco nelle vie seminali impedisce loro di arrivare nell’eiaculato. L’ostruzione può verificarsi a vari livelli, dai dotti deferenti fino all’uretra, e le cause comuni di azoospermia ostruttiva includono:

  • Infezioni: alcune infezioni sessualmente trasmissibili (come la chlamydia o la gonorrea) possono causare ostruzioni nei dotti deferenti o nelle strutture associate.
  • Chirurgia pregressa: interventi chirurgici come la vasectomia o interventi addominali possono danneggiare i dotti deferenti, causandone l’ostruzione.
  • Anomalie congenite: malformazioni anatomiche congenite impediscono il normale flusso degli spermatozoi.

 

Azoospermia non ostruttiva
In questa forma, i testicoli non producono spermatozoi a sufficienza, o non ne producono affatto. Le cause possono essere legate a problemi genetici, ormonali o patologici che interferiscono con la spermatogenesi, il processo di produzione degli spermatozoi. Tra le cause comuni di azoospermia non ostruttiva troviamo:

  • Varicocele: dilatazione delle vene nei testicoli che può compromettere la produzione di spermatozoi.
  • Disturbi ormonali: squilibri nei livelli degli ormoni che regolano la produzione di spermatozoi, come il testosterone o l’ormone follicolo-stimolante (FSH).
  • Malformazioni testicolari: in alcuni casi, i testicoli non sono in grado di produrre spermatozoi a causa di difetti congeniti o danni subiti.
  • Patologie genetiche: come la sindrome di Klinefelter, una malattia genetica associata ad infertilità.

 

Diagnosi dell’azoospermia

La diagnosi di azoospermia inizia con un esame approfondito e una valutazione accurata della storia medica del paziente. Il medico richiederà in primo luogo un analisi del liquido seminale per confermare l’assenza di spermatozoi. Eventualmente, saranno poi necessari ulteriori test per determinare la causa sottostante:

1. Esame fisico e anamnesi: Il medico indagherà sulla storia clinica del paziente, inclusi eventuali precedenti di infezioni o interventi chirurgici, e osserverà la morfologia e la consistenza dei testicoli.
2. Ecografia scrotale: Un’ecografia scrotale può essere utile per identificare eventuali anomalie nei testicoli, come il varicocele o altri problemi strutturali.
3. Analisi ormonale: Gli ormoni coinvolti nella produzione degli spermatozoi, come il testosterone, l’FSH e l’LH, saranno misurati tramite un prelievo di sangue per rilevare eventuali squilibri ormonali che potrebbero essere la causa dell’azoospermia.
4. Biopsia testicolare: Nei casi di azoospermia non ostruttiva, il medico può raccomandare una biopsia testicolare per prelevare un campione di tessuto testicolare e analizzare l’eventuale presenza di spermatozoi. Questa procedura aiuta a determinare se i testicoli sono in grado di produrre spermatozoi, seppur in quantità insufficiente.
5. Test genetici: Se il medico sospetta una causa genetica, può essere necessario effettuare test genetici per identificare eventuali anomalie cromosomiche, come la sindrome di Klinefelter o mutazioni nei geni responsabili della produzione di spermatozoi.

Opzioni di trattamento per l’azoospermia

Il trattamento dell’azoospermia dipende dalla causa sottostante e dal tipo di azoospermia diagnosticato:

1. Trattamento dell’azoospermia ostruttiva: Se la causa dell’azoospermia è un’ostruzione, è possibile intervenire chirurgicamente per rimuovere il blocco. L’operazione potrebbe consistere in una vasovasostomia (chirurgia per ripristinare la pervietà dei dotti deferenti) o una epididimectomia (ripristino della pervietà dell’epididimo). In alternativa, è possibile recuperare spermatozoi direttamente dai testicoli con tecniche di Medicina della Riproduzione, come la PESA (Aspirazione Percutanea di Spermatozoi dai Testicoli) o la TESE (Biopsia Testicolare per il Recupero di Spermatozoi). Una volta ottenuti gli spermatozoi, si procederà con ICSI (Iniezione Intracitoplasmatica di Spermatozoo), una tecnica di Procreazione Medicalmente Assista che prevede l’iniezione diretta di uno spermatozoo selezionato nell’ovocita, ottimizzando le possibilità di concepimento.

2. Trattamento dell’azoospermia non ostruttiva: Se la produzione di spermatozoi è compromessa, la soluzione dipende dall’entità del problema. Nei casi in cui una quantità ridotta di spermatozoi è presente, è possibile prelevarli attraverso TESE o microTESE . Quando il recupero degli spermatozoi non risulta possibile, è necessario optare per la fecondazione assista con donazione di spermatozoi.

Concepire con la PMA

È fondamentale rivolgersi a uno specialista in Medicina della Riproduzione per una diagnosi accurata e un piano terapeutico personalizzato, che possa includere tecniche avanzate di recupero degli spermatozoi e procreazione assistita.

Affidandosi ad un centro di Medicina della Riproduzione, anche le coppie con azoospermia potranno ricevere trattamenti personalizzati che, combinando tecniche di PMA, ottimizzeranno le possibilità di concepimento.

I 10 sintomi più comuni della gravidanza: quando fare il test

La gravidanza, anche nota come gestazione, è la condizione fisiologica della donna che inizia con il concepimento e continua fino al parto. Questo periodo dura circa 280 giorni, equivalenti a 40 settimane, e viene misurato a partire dal primo giorno dell’ultima mestruazione.

Non esiste un quadro sintomatologico universale: ogni donna vive la gravidanza in modo diverso perché i sintomi possano variare, non solo da donna a donna, ma anche da gravidanza a gravidanza.

I primissimi sintomi possono comparire già nelle prime settimane dopo il concepimento, anche prima del ritardo mestruale in alcune donne, mentre altri si accentuano nel primo trimestre (le prime 12 settimane). In ogni caso, è sempre consigliabile consultare un medico per confermare la gravidanza attraverso esami specifici come il test su sangue (Beta-hCG) o su urine, e l’ecografia nei casi dubbi o incerti sulla data dell’ultima mestruazione.

I 10 sintomi più comuni

Ritardo mestruale

Il ritardo delle mestruazioni è spesso il primo segnale che suggerisce una gravidanza, soprattutto nelle donne con un ciclo regolare. Poiché le settimane di gravidanza si iniziano a contare dal primo giorno dell’ultima mestruazione, il ritardo diventa evidente intorno alla quarta settimana. Tuttavia, è bene ricordare che non tutte le irregolarità del ciclo indicano una gravidanza: anche stress, cambiamenti ormonali o altre condizioni ginecologiche possono causare ritardi.

Sanguinamento da impianto

Intorno alla 3ª-4ª settimana dal concepimento, alcune donne sperimentano perdite ematiche, definite spotting da impianto. Questo fenomeno si verifica quando l’embrione si impianta nella mucosa uterina, di solito tra il 6° e l’8° giorno dopo la fecondazione, e causa un leggero sanguinamento di colore rosato o marrone chiaro che dura in media 1-2 giorni. Se le perdite sono abbondanti o accompagnate da dolore intenso, è opportuno consultare immediatamente il proprio ginecologo per escludere una gravidanza extrauterina o un aborto spontaneo precoce.

Tensione e ipersensibilità mammaria

L’aumento della sensibilità o del dolore al seno è un altro segnale precoce della gravidanza, che può manifestarsi già nei primi giorni dopo il concepimento. Questo sintomo è causato dalle oscillazioni ormonali che caratterizzano le prime settimane di gestazione, con un incremento dei livelli di estrogeni e progesterone. Il seno può apparire più gonfio e teso, e i capezzoli possono scurirsi a causa dell’aumento della pigmentazione.

Stanchezza e affaticamento

L’affaticamento è uno dei sintomi più comuni nelle prime settimane di gravidanza. È legato all’aumento del progesterone, un ormone essenziale per il mantenimento della gravidanza, che agisce anche sul sistema nervoso centrale inducendo sonnolenza e riduzione dei livelli di energia.

Nausea e vomito

Nota come “nausea mattutina” (morning sickness), può manifestarsi già dalla 5ª-6ª settimana di gravidanza ed essere scatenata da specifici odori o sapori. L’intensità del sintomo varia da lieve disagio a episodi di vomito frequente (iperemesi gravidica), che richiedono un monitoraggio medico per evitare disidratazione e alterazioni elettrolitiche. Sebbene il termine suggerisca che si manifesti al mattino, in realtà può verificarsi in qualsiasi momento della giornata.

Minzione frequente

Già nelle prime settimane di gravidanza si verifica un aumento della diuresi a causa dell’incremento del flusso del sangue renale e della produzione di hCG, una glicoproteina ad attività ormonale associata alla gravidanza. Questo sintomo diviene più marcato nel terzo trimestre, dove la minzione frequente può essere accentuata dalla pressione esercitata dall’utero sulla vescica.

Alterazioni dell’umore

Le fluttuazioni ormonali (aumento di estrogeni e progesterone) possono influenzare il sistema nervoso centrale e portare a sbalzi d’umore, irritabilità e momenti di pianto improvviso.

Modificazioni del gusto e dell’olfatto

Alcune donne in gravidanza sviluppano avversioni o desideri alimentari insoliti, spesso accompagnati da una maggiore sensibilità agli odori, fenomeno noto come iperosmia gravidica. Questo può essere correlato all’aumento di estrogeni e alla maggiore vascolarizzazione delle mucose nasali.

Crampi addominali lievi

Nel primo trimestre, alcune donne riferiscono crampi addominali simil-mestruali, dovuti ai processi di impianto dell’embrione e alla distensione dell’utero.

Problemi digestivi

Il progesterone, rilassando la muscolatura liscia, rallenta la motilità intestinale, determinando fenomeni di stitichezza. Inoltre, il reflusso gastroesofageo e la pirosi gastrica possono comparire già nelle prime settimane di gravidanza causando alla donna bruciore di stomaco e acidità.

Quando fare un test di gravidanza?

Il momento migliore per effettuare un test di gravidanza è a partire dal primo giorno di ritardo mestruale. I test rilevano la presenza dell’ormone Beta-hCG nel sangue o nelle urine, prodotto dall’embrione pochi giorni dopo la fecondazione. Se il ciclo è irregolare, è consigliabile attendere almeno 4-5 giorni dopo la data prevista delle mestruazioni per ridurre il rischio di falsi negativi. Alcuni test precoci possono individuare la gravidanza già 6 giorni prima del ritardo, ma un risultato negativo in questa fase non esclude completamente una gravidanza.

Falsi miti sui sintomi della gravidanza

Quando si parla di gravidanza, esistono diverse convinzioni errate che possono generare aspettative sbagliate o inutili preoccupazioni. 

Tutti i sintomi devono essere presenti

Molte persone credono che una gravidanza debba necessariamente manifestarsi con tutti i sintomi classici, come nausea, affaticamento e sensibilità al seno. In realtà, ogni donna è diversa: alcune sperimentano molti segnali già dalle prime settimane, altre ne avvertono solo pochi o addirittura nessuno. L’assenza di sintomi non significa necessariamente che la gravidanza non stia procedendo regolarmente. 

La nausea compare subito

C’è l’idea diffusa che la nausea debba comparire fin dai primi giorni dopo il concepimento. In realtà, tende a manifestarsi tra la seconda e l’ottava settimana e non colpisce tutte le donne allo stesso modo. Alcune ne soffrono in modo intenso, mentre altre non la sperimentano affatto. 

Nessun sintomo, nessuna gravidanza

Alcune donne si preoccupano se non avvertono alcun cambiamento nel loro corpo e temono che ciò significhi che non sono incinte o che la gravidanza non sia vitale. In realtà, l’assenza di sintomi nelle prime settimane è abbastanza comune e non è indicativa di problemi. L’unico modo per confermare la gravidanza è attraverso un test specifico.

Il test di gravidanza è sempre affidabile

I test di gravidanza su urine sono molto affidabili, ma devono essere eseguiti al momento giusto. Se fatti troppo presto, quando i livelli dell’ormone Beta-hCG sono ancora bassi, possono dare un risultato falso negativo. Per questo motivo, è consigliabile aspettare almeno il primo giorno di ritardo mestruale o, in caso di dubbi, ripetere il test dopo qualche giorno o optare per un esame del sangue, che è più sensibile e preciso.

I sintomi della gravidanza possono suscitare speranza nelle coppie che desiderano un figlio, tuttavia, circa il 15% di queste non riesce a concepire spontaneamente. Se dopo 12 mesi di tentativi mirati (o 6 mesi nel caso di donne oltre i 35 anni) non si è ancora verificato il concepimento, è fondamentale rivolgersi a specialisti in Medicina della Riproduzione per un’analisi approfondita dello stato di salute riproduttiva e per individuare le eventuali cause dell’infertilità.

Congelamento degli ovociti: preservare la fertilità per il futuro

Il congelamento degli ovociti, noto anche come crioconservazione degli ovociti, è una tecnica di preservazione della fertilità che consente alle donne di posticipare la gravidanza. Questa procedura è particolarmente utile per chi desidera avere figli in futuro ma non è ancora pronta a farlo, oltre a essere indicata per donne che devono affrontare trattamenti medici che potrebbero compromettere la loro fertilità nel futuro.

Perché congelare i propri ovociti?

Il congelamento degli ovociti può essere indicato per scopi clinici, per esempio per malattie oncologiche o ginecologiche come endometriosi severa, rischio di menopausa precoce, o motivi prettamente personali. In questo caso, si parla di “social freezing” e riguarda le donne che desiderano posticipare la ricerca di una gravidanza in un momento successivo della propria vita.

Il congelamento degli ovociti per indicazioni mediche e il social freezing offrono alle donne opportunità significative per preservare la propria fertilità e pianificare la maternità in base alle proprie esigenze e circostanze personali.

Come avviene il congelamento degli ovociti?

Il processo di crioconservazione degli ovociti si suddivide in diverse fasi.

Prima visita

Durante la prima visita con uno specialista della fertilità verrà effettuata un’accurata anamnesi e una ecografia pelvica. L’esame ecografico ha lo scopo principale di valutare la conta dei follicoli antrali, cioè il numero di follicoli presenti all’interno delle ovaie che, insieme alla valutazione di esami ormonali come l’AMH (Ormone anti-Mülleriano), definisce la riserva ovarica della donna. Questa valutazione aiuta a determinare il numero stimato di ovociti che possono essere ottenuti dopo un ciclo di stimolazione ovarica.

Stimolazione ovarica

Una volta completata la valutazione iniziale, la donna inizia una terapia di stimolazione ovarica normalmente eseguita con la somministrazione dello stesso ormone che viene prodotto naturalmente dall’ipofisi per indurre la crescita e la maturazione del follicolo, l’ormone FSH, somministrato per via sottocutanea per indurre il reclutamento di più follicoli, il cui numero è strettamente dipendente dalla riserva ovarica della donna.

Durante il periodo di stimolazione ovarica, la donna viene regolarmente monitorata attraverso ecografie transvaginali e analisi del sangue.

Prelievo ovocitario

Quando i follicoli raggiungono una dimensione tra 15 e 20 mm, si somministra un farmaco chiamato gonadotropina corionica (HCG) per completare la maturazione degli ovociti. Il prelievo avviene 34-36 ore dopo questa somministrazione. Il prelievo degli ovociti è una procedura molto semplice che si effettua in sala operatoria, mediante un sottile ago e attraverso ecografia transvaginale. Il processo non dura più di 15/20 minuti e si realizza sotto leggera sedazione, in regime di day hospital.

Vitrificazione in laboratorio

Dopo il prelievo ovocitario, gli ovociti maturi ottenuti vengono crioconservati mediante una tecnica chiamata “vitrificazione”. Si tratta di una metodica validata che consente di conservare gli ovociti in azoto liquido a bassissime temperature (-196°C) senza procurare alcun danno, indicata come il “gold standard” tra le metodiche di preservazione delle fertilità femminile perché questo processo, a differenza delle tecniche di congelamento lento, evita la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule, migliorando notevolmente le probabilità di sopravvivenza allo scongelamento degli ovociti e la possibilità di gravidanza futura.

Benefici e limitazioni

La probabilità di ottenere un buon recupero ovocitario, e quindi una buona quota di ovociti idonei alla crioconservazione, è correlata principalmente all’età della donna e alla sua riserva ovarica.

Ogni mese, infatti, le donne mettono a disposizione un limitato numero di follicoli sul quale la stimolazione può agire inducendo il reclutamento anche di quei follicoli che fisiologicamente andrebbero in contro ad atresia. In media le donne in età riproduttiva mettono a disposizione 7-10 follicoli (e quindi ovociti) al mese. 

È consigliabile, in questo senso, considerare questa opzione prima dei 35 anni, età dopo la quale inizia una diminuzione quantitativa e qualitativa della componente ovocitaria: la crioconservazione di un numero di ovociti pari a 15, se effettuata prima del compimento del 35esimo anno di età, può sostenere una possibilità di successo dopo fecondazione in vitro pari al 60%. Dopo i 35 anni, tale possibilità si riduce al 38% circa.

 

Gli ovociti possono rimanere crioconservati fino a quando la paziente deciderà di utilizzarli. Congelare gli ovociti, però, non significa necessariamente che la donna dovrà sottoporsi ad un trattamento di Procreazione Medicalmente Assistita in futuro: gran parte delle donne che hanno preservato in passato, infatti, hanno successivamente ottenuto una gravidanza spontaneamente.