La fecondazione in vitro e la sfida della medicina predittiva

Il futuro della IVF (fecondazione in vitro) passa anche dalla medicina predittiva, in grado cioè di ‘prevedere’ attraverso esami minimamente invasivi, come un semplice prelievo del sangue, quali possano essere le chance di buona riuscita di un trattamento di procreazione medicalmente assistita (PMA).

Su questo tema è stato appena pubblicato sulla rivista Fertility and Sterility una ‘invited reflection’, cioè un commento degli esperti GeneraLife su uno studio di poco precedente dal titolo “Shorter telomere length of white blood cells is associated with higher rates of aneuploidy among infertile women undergoing in vitro fertilization” firmato da Hanson e colleghi. In questo studio è stato messo in luce che minori lunghezze dei telomeri dei globuli bianchi si associa a tassi più elevati di anomalie cromosomiche negli embrioni prodotti da donne infertili duante cicli di IVF.

“I colleghi – spiega Danilo Cimadomo, Science and Research Manager di GeneraLife – hanno prelevato il sangue di 175 donne, hanno isolato i globuli bianchi e hanno misurato in essi la lunghezza dei telomeri (le sequenze terminali dei cromosomi che conferiscono loro stabilità), facendo lo stesso anche con le cellule somatiche che rivestono l’ovocita, dette cellule del cumulo. Hanno poi comparato questi dati con il tasso di anomalie cromosomiche delle blastocisti ottenute. Ebbene, è stato visto che la lunghezza dei telomeri nei globuli bianchi potrebbe essere predittiva di un rischio maggiore o minore di anomalie cromosomiche negli embrioni; questo dato, anche se non significativo statisticamente quando corretto per l’età della donna, incoraggia la ricerca finalizzata ad individuare un marker minimamente invasivo (es. un test del sangue) della qualità ovocitaria, utile a personalizzare i trattamenti di PMA. Un secondo elemento molto interessante, confermato da evidenze già presenti in letteratura, è l’indipendenza dei telomeri delle cellule del cumulo dall’età anagrafica della donna: l’ovocita invecchia, ma loro no, sembrerebbero più stabili. Riteniamo entrambe queste osservazioni degne di futuri approfondimenti, sempre finalizzati al miglioramento delle tecniche di IVF”.