Come affrontare il passaggio dall’omologa all’eterologa?

La fecondazione omologa è una delle fecondazioni assistite che generalmente le coppie devono utilizzare in prima istanza quando gli viene eseguita una diagnosi d’infertilità che non gli consente di procreare, per varie problematiche, in maniera naturale. In questo tipo di tecnica, vengono utilizzati i gameti (ovociti e spermatozoi) interni alla coppia.

“Da un punto di vista psicologico – spiega Valentina Berruti, psicologa e psicoterapeuta del centro GeneraLife di Roma – le coppie che utilizzano questa tecnica devono elaborare il lutto per l’infertilità che può essere definita come un senso di perdita e di dolore per l’incapacità di procreare in maniera naturale”.
“La situazione si complica – prosegue la psicologa – quando alle coppie viene comunicato che, oltre ad essere infertili, per avere l’opportunità di avere un figlio dovranno decidere se adottare o passare ad una tecnica di fecondazione assistita con donazione di gameti in cui è necessario che un donatore o una donatrice donino i propri gameti alla coppia infertile. Tale tipo di fecondazione può essere eseguita con donazione di ovociti (ovodonazione), di seme (spermodonazione) o doppia (con donazione di ovociti e spermatozoi)”.

Passaggio dall’omologa all’eterologa e l’accettazione del lutto biologico

“Il passaggio ad una tecnica di fecondazione con donazione di gameti non è immediato – precisa la Dr.ssa Berruti – e richiede un percorso di consapevolezza di coppia che non può essere tralasciato. Se per la fecondazione omologa bisognava affrontare il lutto per l’infertilità, con la fecondazione con donazione di gameti si aggiunge un altro lutto da tenere in considerazione: quello biologico per il senso di mancanza che molte coppie sperimentano per non poter avere un figlio con il quale condividere il proprio patrimonio genetico. Non è per tutti facile affrontare questa mancanza. Per cultura molte persone sono portate a pensare che il legame genetico sia necessario per avere un legame più forte con il proprio figlio ma, da un punto di vista psicologico, non è la genetica a definire i legami ma la relazione. È solo attraverso la relazione e l’intenzione di essere genitori che è possibile esplicare al meglio questa funzione”.

Cosa fare allora se una coppia deve affrontare il lutto biologico?

“La prima cosa da fare – precisa l’esperta è informarsi. Capire come funziona la tecnica, non solo da un punto di vista medico ma anche psicologico. Per prima cosa si deve partire pensando che il lutto biologico è qualcosa che riguarda la coppia in toto e non solo il genitore che non avrà il legame genetico con il figlio. Poi si deve passare ad analizzare tutte le paure e i timori che accompagnano la scelta. Va capito che ruolo vogliamo al donatore/donatrice che non dovrebbe essere visto come una minaccia ma una persona alla quale essere grati. Se sentiamo che il donatore/donatrice è qualcosa che ci fa sentire scomodi è importante poterselo dire e lavorarci all’interno di un contesto di sostegno psicologico. Un altro timore che sperimentano molte coppie è quella di non sentire come proprio il figlio nato attraverso la donazione. Si pensa che il legame di sangue ci faciliti nella relazione ma non è così. Se il legame di sangue fosse necessario a stabilire un legame non esisterebbero i genitori biologici che abbandonano i propri figli. È sufficiente pensare che, se l’amore dipendesse dal legame genetico, non potremo amare il nostro compagno con il quale non abbiamo alcun legame di parentela. La genitorialità, quindi, non ha nulla a che vedere con la genetica. Essa infatti può essere considerata come una predisposizione psichica a donarsi all’altro e che esiste indipendentemente dal fatto che si sia riusciti a generare un figlio biologico. Altro timore da affrontare è quello che riguarda la narrazione delle origini al figlio nato attraverso la donazione di gameti. Molte coppie hanno il timore che la narrazione della storia al proprio figlio potrebbe creargli un trauma mentre, ormai, molte ricerche confermano che raccontare la storia fin dall’inizio ne diminuisce la probabilità.

Cosa fare se si hanno delle resistenze e si ha il timore ad affrontare le conseguenze di questa scelta?

“Non esiste un modo idoneo per tutti – aggiunge la psicoterapeuta – ma bisogna aver chiaro che il passaggio da una fecondazione omologa ad una con donazione di gameti richiede tempo e accettazione delle proprie fragilità. È un processo in cui è necessario capire che cosa significa per gli aspiranti genitori avere un figlio con il quale non si condivide il patrimonio genetico. È un percorso che la coppia deve affrontare insieme perché non dovrà esistere un genitore che viene legittimato più dell’altro perché condivide il legame genetico con il figlio. Per tutti questi motivi un percorso psicologico di sostegno alla scelta risulta fondamentale, soprattutto nel passaggio ad una fecondazione con donazione di gameti. In questo processo capire perché si vuole un figlio e capire che cosa comporta non condividerne il DNA, è un atto di responsabilità che definisce le basi del progetto genitoriale. Nel passaggio da una fecondazione omologa ad una con donazione di gameti risulta quindi fondamentale capire se si riesce ad accogliere la diversità che qualunque figlio, indipendente dal modo in cui viene al mondo, porta all’interno della famiglia. Nessun figlio chiede di nascere, o di nascere con un determinato tipo di tecnica, ma tutti i figli hanno il diritto di essere accolti in un contesto dove la scelta è stata presa con coscienza e grande responsabilità. Nel passaggio da una fecondazione omologa ad una con donazione di gameti è inoltre importante ricordare che le paure sono le paure degli aspiranti genitori e non dei figli. Quando si decide di essere genitori si deve essere pronti a pensare che il futuro è imprevedibile e che non è possibile sapere in anticipo cosa sentiranno o vorranno i figli nati da donazione. Quello che si può sapere, però, è che se la coppia si è presa cura della scelta, in qualsiasi possibile crisi futura, avranno più probabilità di affrontarle in senso costruttivo più che distruttivo”.

Quando capire se sono pronto alla scelta di una fecondazione con donazione di gameti?

“Si è pronti quando si è costruito uno spazio di conoscenza, consapevolezza e di dialogo e si sono affrontate tutte le paure e i timori che accompagnano la fecondazione con donazione di gameti. Si è pronti se si ha la voglia, la responsabilità e la dedizione di lavorare su tutto quello che la scelta potrebbe comportare mettendo soprattutto in primo piano i figli che nascono con questa tecnica. Il supporto psicologico ha proprio questo obiettivo: quello di creare uno spazio di consapevolezza in cui non si abbia paura di vedere i propri limiti. In tal senso il percorso psicologico potrebbe far comprendere che l’esperienza dell’infertilità diventa un dono, una opportunità per capire che ci possono essere tanti modi di essere genitori. Addirittura ci potrebbe far comprendere che quella non è la strada giusta per noi ma che ci possono essere tanti modi alternativi per dare amore ad un altro essere umano”.

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